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Amazzonia: un viaggio impossibile

Juan Madrid
Amazzonia: un viaggio impossibile
Amazonas: un Viaje Imposible
traduzione di Hado Lyria
Frassinelli, 2002, pp. 242, € 14,50

Genere: Narrativa straniera

Trama

Dall’autore di Caduta libera e Conti in sospeso, un’opera tra romanzo e reportage alla ricerca del mitico popolo delle Amazzoni, viaggiando lungo il grande fiume da Bélem a Manaus, attraverso il Rio Negro fino alle terre degli Yanomani, tra cercatori doro, raccoglitori di caucciù, banditi, affaristi ed ecologisti.

Descrizione

Un aereo proveniente da San Paolo sorvola il Rio delle Amazzoni ampio e marrone coronato da serpeggianti affluenti, per poi planare su Belém, la città fondata dal capitano portoghese Francisco Vadera nel gennaio 1616, oggi una metropoli di un milione e mezzo di abitanti affacciata sulla baia di Guajarà. Dieci chilometri di insediamenti delimitati dalle distese di foresta bruciata per dare spazio alle fazendas e al commercio del legname, con gruppi di case in legno costruite su pali, capannoni industriali e quartieri periferici che circondano con la loro miseria gli alti palazzi del centro residenziale. Da questa città ha inizio il viaggio di Juan lungo un itinerario dettato dai movimenti dell’amico Diodoro Souza (figlio di un portoghese e di una india yanomani) ossessionato dalle Amazzoni, le mitiche donne guerriere evocate dall’erudito francese Gaspar de Carvajal al seguito di Francisco de Orellana nella sua Relazione della Nuova Scoperta del Famoso Rio Grande delle Amazzoni.
A bordo di navi, di pulmini che stentano sulle fangose strade forestali, o semplicemente a piedi, il viaggio è tutto un susseguirsi di incontri con gli abitanti di questo mondo amazzonico che accoglie tutti ed illude alcuni di loro con promesse di ricchezze mai mantenute. Un mondo che non può fare a meno di intrecciarsi con la storia della colonizzazione amazzonica emergente dalla selva: banditi, braccianti, contadini, indios, cercatori d’oro, ecologisti, affaristi, raccoglitori di caucciù, prostitute si confondono allora con i conquistatori, gli esploratori e i viaggiatori di ogni tempo, come il giornalista francese Raymond Maufrais che insieme al suo cane scomparve nella foresta morendo probabilmente di fame e del quale venne ritrovato solo il diario in cui si lamentava di non trovare nulla da cacciare nel fiume e nei boschi “atrocemente vuoti”, luoghi in realtà prodighi di frutti e animali di ogni tipo ma che bisogna però saper cercare se non si vuole fare una fine di stenti condivisa in passato anche da molti conquistadores; o come Henry Ford che sognò negli anni Quaranta una città del caucciù che doveva diventare il fulcro delle forniture di gomma per le sue fabbriche di automobili ma la cui ingloriosa fine fu decretata da un’invasione di funghi degli alberi. Oggi giace silenziosa con i suoi edifici e macchinari sulle rive del Tapajós avvolta dall’intricata foresta.
Uno dei passaggi più significativi del libro è il racconto, attraverso poche righe dallo stile realista caratteristico di tutto il romanzo-reportage, di un fuggevole incontro di Juan con un contadino ai margini della foresta nel corso di un faticoso spostamento lungo il fiume Acre, dal quale emergono l’incomunicabilità e il disorientante disagio che colpiscono spesso il viaggiatore: “Cominciammo tutti e quattro a camminare sotto nugoli di zanzare e la pesante calura lungo un sentiero di fango impraticabile, fiancheggiato da cespugli che superavano l’altezza di un uomo. Talvolta apparivano gruppi di alberi isolati. Dopo una marcia di quarantacinque minuti ci incrociò un uomo scalzo che camminava assieme a un bambino con un machete sguainato in mano. Nessun saluto. L’uomo e il bambino continuarono per la loro strada finché svanirono tra i cespugli senza emettere un solo suono”.
Nello scrivere questo libro Juan Madrid ancora una volta, e sono sue parole, confessa di non essere riuscito ad attenersi alla realtà quanto avrebbe voluto “ma neppure alla pura immaginazione, o comunque vogliate chiamarla. Diciamo pure che questo libro è il più reale di quanti abbia mai scritto”. Visto che il finale promette un altro viaggio e un altro libro, il lettore si augura che ancora una volta Juan Madrid racconti una storia così vera, così immaginaria, così impossibile.

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