essay writer

Sette decimi

James Hamilton-Paterson
SETTE DECIMI, Seven-tenths
Ponte alle Grazie, trad. Donatella Zanetti Ongaro
pp. 331, € 14,46

Genere: Letteratura di viaggio

Trama

Le distese oceaniche, gli abissi, le creature
marine, le coste, le isole inesistenti, le storie
di navi e sottomarini diventati relitti e quelle
dei nomadi del mare. Scienza, storia e mito
nel racconto dello scrittore inglese già autore
nel 1987 di Playing with water.

Descrizione

Sono perduto. Questa semplice considerazione già di per sé inquietante diventa disperante se lo spazio in cui ci si è smarriti si trasforma in un non-luogo: acque oceaniche. Il ritorno in superficie del nuotatore solitario che non ritrova più la barca a cui si era legato prima di immergersi significa terrore, angoscia e un continuo girare su se stesso tutto solo sospeso nell’Oceano Pacifico.
Sospeso sopra fondali lontani chilometri dai quali lo dividono acque popolate di vite fluttuanti, rapide oppure immobili, attraversate da impercepibili richiami, solcate dalle pinne di infinite specie, ribollenti di vulcani, custodi di velieri piegati sul fondo insieme alle vite di marinai diventate cibo, ma anche di rifiuti tossici, cavi sottomarini, petroliere dai serbatoi ricolmi che attendono solo di spezzarsi per liberare il loro carico di morte.
L’evolversi della semplice vicenda e i pensieri di questo sfortunato nuotatore introducono ogni capitolo del libro di James Hamilton-Paterson, innamorato abitatore dei mari capace di disegnare con lo stesso inconfondibile tratto un viaggio scientifico a bordo della Farnella, una nave oceanografica britannica che ha il compito di rilevare la mappa del fondo marino; la vicenda di un sommergibile inglese e del suo equipaggio (ancor più coinvolgente perché mentre leggiamo quelle pagine non possiamo non pensare ai giorni della tragedia del Kursk); la vita delle creature che vivono nei mari profondi che immaginiamo ancora oggi (al contrario della realtà) tanto più primitive, rudimentali, preistoriche e mostruose tanto più scendiamo negli abissi, associando ancora una volta il mare all’idea del tempo, più che dello spazio; l’epopea dell’esplorazione degli abissi, dal mito di Alessandro che si cala nel Mediterraneo con la sua gabbia di vetro per scoprire le creature dell’acqua profonda, fino alle imprese di uomini vaganti dentro scatole d’acciaio sottoposte a pressioni inimmaginabili.
Un libro denso di vita, storia e scienza in cui ritroviamo un tema come la pesca di questi nostri anni che saccheggia senza futuro i mari della pianeta per rifornire i supermercati di oggetti sterilizzati (parvenze di merluzzi, gamberetti e sogliole), ma anche ad esempio l’ossessiva ricerca semiarcheologica del Titanic, certo perfettamente inutile (e irrealizzabile) se non si fosse incrociata sia con le necessità scientifiche del sottomarino Alvin pronto a tentare i quattromila metri di profondità, sia con la ricerca militare che doveva testare nuovi equipaggiamenti, e comunque resa possibile dall’incrollabile volontà di ricerca che sostenne per tredici anni Robert Ballard. Quest’ultima una soltanto delle vicende menzionate dall’autore per farci riflettere su quanto il mare sia capace di agire sull’immaginazione degli uomini: forse laggiù in fondo crediamo di vedere noi stessi, quello che siamo stati, quasi un ritorno a casa a lungo rinviato che ritroviamo nella soddisfazione che proviamo camminando a ritroso su una spiaggia per entrare nel mare.

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