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La terra del fuoco

Sylvia Iparraguirre
LA TERRA DEL FUOCO, La Tierra del fuego
Traduzione di Paola Tomasinelli
Einaudi, 2001, pp. 191, € 14,46

Genere: Narrativa storica

Trama

Il racconto dell’amicizia tra John William Guevara e Omoy-lume, indigeno yámana della Patagonia divenuto famoso nell’Inghilterra del tempo con il nome di Jemmy Button, in un libro dove la finzione narrativa si intreccia alla realtà storica dei tentativi di colonizzazione della Corona inglese.

Descrizione

Il missionario, etnologo e fotografo polacco Martin Gusinde (1887-1969), compì quattro viaggi tra gli indigeni della Terra del Fuoco, documentando vita sociale e religiosa del popolo degli Yámana, e scattò le sue ultime foto nel marzo del 1923 sulle rive del Canale di Beagle: davanti a lui una sessantina di persone, l’intera comunità yámana, allora “una manciata di uomini a cui un crudele destino riservava ormai solo pochi anni di vita”.I volti e i corpi di uomini, donne e bambini divengono ritratti immutabili, espressione ultima di una cultura antica destinata all’oblio.
Poco meno di un secolo prima John William Guevara, figlio illegittimo di un inglese e di una creola argentina, voce narrante del romanzo della scrittrice argentina Sylvia Iparraguirre, incontrava un antenato di questi ultimi yámana: Omoy-lume, che diverrà famoso nell’Inghilterra di quegli anni con il nome di Jemmy Button perché “comprato” per dei bottoni, in realtà issato a forza a bordo della nave del capitano Robert Fitzroy e catapultato per due anni nelle campagne inglesi per essere iniziato alla civiltà e divenire il primo tassello della colonizzazione delle Isole Falklands.
Jack è costretto a ricordare questo suo legame speciale con Omoy-lume da una lettera dell’Ammiragliato britannico recapitatagli al villaggio di Lobos in cui vive (un pugno di abitanti dispersi nella pampa) da un messaggero a cavallo, che lo informa della morte suicida del Capitano e gli chiede, essendo lui testimone privilegiato e diretto dei fatti, di redigere un resoconto completo del suo viaggio in Terra del Fuoco, e del “conseguente destino dello sventurato indigeno che ordinò il massacro per il quale è stato giudicato”.
Da qui prende il via un alternarsi di quadri narrativi, da una parte il trascorrere lento dei giorni, il succedersi silenzioso delle notti in compagnia della giovane Graciana e del cane Ayax, passate a scrivere; dall’altra l’incontro del diciassettenne Jack con i viaggi oceanici, prima a bordo dell’Encounter e poi del Beagle di Fitzroy (che ospita anche il grande naturalista Charles Darwin): “Tante città, taverne, mendicanti, puttane, tempeste, tante stelle. L’oceano della fine del mondo, una città come un oceano, Isabella, una donna yámana e suo figlio nudi sotto la neve che cadeva, una vela rigida di ghiaccio, due tombe spazzate dal vento…”.
Ne nasce un’opera fatta di schegge temporali, capace di coinvolgere il lettore in un intreccio di realtà e finzione che è il risultato di una ricerca storico-documentaria unita ad un’indubbia capacità narrativa della scrittrice di Junín, tutti elementi questi che hanno portato La terra del fuoco nel 1998 ad essere eletto in Argentina il miglior libro dell’anno. Ed anche la scelta di ricostruire abbastanza lungamente il processo a Jemmy Button non toglie respiro al libro che è insieme racconto della “terra alla fine del mondo” tra Capo Horn e le Isole Falkland, e riuscita invenzione narrativa di un’immaginaria amicizia maturata nel tempo in cui esplodeva l’impari scontro tra due culture, una delle quali destinata a completa distruzione.

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