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L’onda del tempo

Stenio Solinas
L’onda del tempo
Ponte alle Grazie, Milano, 2001
pp.233, lire 28.000, € 14,46

Genere: Letteratura italiana

Trama

Memorie personali, reportage, note di viaggio da luoghi che appartengono alla storia, raccontati attraverso gli echi di scrittori e viaggiatori: Sant’Elena, Casablanca, , Samarcanda, Aden, Timbuctu, Aqaba, Odessa, “alla ricerca di un’affinità elettiva, un’armonia perduta, un bagliore di splendore, un istante di estasi”.

Descrizione

Il rischio che corre uno scrittore nel riunire in un unico libro una serie di reportage, impressioni di viaggio, ricordi di luoghi molto diversi, è quello di non riuscire a dare un’unità credibile agli scritti che compongono la raccolta. A volte la difficoltà può nascere dagli anni che separano le note di viaggio, quando il riprendere lontane impressioni porta a snaturarne lo spirito originario. Altre volte invece l’operazione può riportare alla luce perle nascoste nei fondali della storia personale. Ebbene, Stenio Solinas (Roma, 1952), è riuscito in questo libro a comunicare al lettore lo spirito che lo ha accompagnato nei viaggi qui raccontati, fin dal titolo: L’Onda del tempo, un’onda che si abbatte sulle spiagge fatte di speranze, conquiste, desideri, e che ritirandosi lascia poco dietro di sé di ciò che è stato. Spetterà a chi verrà dopo, a chi camminerà lungo quella stessa spiaggia, cercare di cogliere i segni del passato splendore, prima che ancora una volta ritorni l’onda. Stenio Solinas è una di quelle persone che cercano i segni del passato, senza dimenticare, nel farlo, di mettere sul piatto anche la propria esperienza umana: “Ciascuno carica i luoghi delle suggestioni, delle aspettative, delle illuminazioni, dei desideri che si porta dentro. Chi dentro non ha niente è condannato alla oggettività più deludente e banale: guarda e non vede niente”, vede solo sabbia, verrebbe da dire…
Di questa raccolta si ricorderanno certamente per efficacia di scrittura, oltre che per la chiarezza nel rivelare lo spirito di Solinas viaggiatore, soprattutto tre racconti: Sant’Elena, dove si intrecciano agli echi delle giornate di un imperatore in esilio le piccole incombenze del presente degli abitanti dell’isola, le loro fissazioni, i loro limiti di isolani lontani dal mondo e di figli disconosciuti della gloriosa Inghilterra; Timbuctu, “una di quelle città che sopravvivono a se stesse senza un perché. La storia a un certo punto cambia di rotta e le lascia lì ai margini ad aspettare che la polvere del tempo le ricopra e le dimentichi”, un piccolo saggio sulla città del Mali, che getta uno sguardo sulle relazioni amorose, sulle pratiche matrimoniali fatte di unioni combinate fin dalla nascita, sulla poligamia, tutti elementi che costituiscono la complessa impalcatura sociale del paese africano; ed infine Serpentara, lo scritto che risulta il più convincente in assoluto di questa raccolta, perché ci fa quasi toccare l’onda del tempo, riunendo (attraverso le parole di Ernst Jünger, amante di questa isola italiana), letteratura, natura e ricordi personali sotto il tetto del tema del ritorno in luoghi in cui si è già vissuto: “Allorché rivediamo uomini e luoghi che ci sono piaciuti, speriamo di ritrovarli come erano. Corriamo dietro la nostra felicità. Ma una tale felicità non abita in questo mondo. Vive nel ricordo. Lì è la nostra misura”.

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